Preparazione efficace all'autogestione del diabete mellito.
Monviso-2023 — 11° incontro D.A.M.
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
Monviso-2023 — 11° incontro D.A.M.
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
Monviso-2023 — 11° incontro D.A.M.
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
14-18/9 2023. Resoconto in preparazione
5-11/10 2019. Bella la duttilità di un acronimo! Già l'anno scorso, in occasione dell’arrampicata alla Cima Grande di Lavaredo abbiamo piegato il nostro logo (Diabete e Alta Montagna) a significare “Diabete e Arrampicata in Montagna”. Quest’anno, quando – su idea di Luigi Montanaro – ci siamo iscritti al trekking di 7 giorni che si affaccia sulle scogliere del Supramonte di Baunei, nella Sardegna orientale, l’imbarazzo per il nostro logo è stato agilmente superato riconvertendo il suo significato in “Diabete e Arrampicata al Mare”.
Selvaggio Blu è un itinerario descritto a partire dalla fine degli anni ‘80, riscoprendo antichi sentieri frequentati in passato dai carbonai e dai pastori sardi. Il percorso si snoda nella regione dell’Ogliastra, ed è stato modificato negli anni per adattarlo alle esigenze di escursionisti diversi. Naturalmente noi abbiamo scelto la versione più impegnativa (o quasi) fra le proposte di una delle organizzazioni locali: Explorando Supramonte.
Partecipanti. Hanno aderito 20 persone, fra le quali: 9 malati cronici (5 con diabete T1, 2 con celiachia, 1 con SM, 1 post-Ca mammario, 1 post-impianto di valvola aortica); 4 esperti alpinisti (fra i quali la guida alpina Piero Bosetti e 3 istruttori del CAI due dei quali con diabete T1); 3 medici diabetologi (AM, Gianfranco Poccia e Claudio Molaioni con diabete T1); 6 accompagnatori non affetti da malattie croniche (Catia, Chiara, Costanza, Milena, Pierfrancesco, Sara).
Percorso. Il percorso prevede sei tappe di 6-7 ore ciascuna consistenti nel camminare a ritmo tranquillo su terreno variabile, molto spesso carsico e quasi sempre rivestito da una fitta macchia mediterranea composta soprattutto da Lecci, Corbezzoli, Filliree a foglie larghe, Ginepri, Eriche arboree, Ginestre, Rosmarini, Olivastri. Normalmente ogni tappa, che si sviluppa da sud a nord a breve distanza dalla costa a un’altezza media di 300 m, termina su una spiaggetta (Portu Pedrosu, Cala Goloritzé, Cala Mariolu, Grotta del Fico, Cala Biriola, Cala Sisine), sulla quale ogni sera gli organizzatori arrivano in gommone e scaricano il grosso del nostro bagaglio con tutti i materiali che non abbiamo avuto bisogno di portare nello zaino, nonché acqua in abbondanza, altre bevande e i cibi con cui ci preparano una cena, sempre molto buona. La mattina seguente il gommone ritorna per prepararci la prima colazione e consegnarci il panino ordinato la sera precedente per il pasto di metà giornata, nonché per ritirare i nostri borsoni con tende, materassini sacchi a pelo e altro. Quindi la nuova tappa può iniziare.
Un pernottamento particolare è stato quello nella Grotta del Fico – ultimo habitat noto in Sardegna della Foca Monaca – esplorata già da parecchi anni in parte proprio dagli amici di Explorando Supramonte e attualmente gestita da loro. Dopo una visita guidata con Stefano, abbiamo piazzato le nostre tendine nell’atrio della grotta e abbiamo passato una notte “strana” sia per l’umidità dell’ambiente, sia per le sonorità amplificate dalla volta a cupola.
Le difficoltà alpinistiche del percorso non sono molto elevate, purché si abbia dimestichezza con le discese in corda doppia. Dal terzo giorno, infatti, le calate si fanno sempre più frequenti e lunghe, spesso con tratti nel vuoto, per culminare con la spettacolare discesa di 50 m su Cala Biriola. Quasi sempre l’ancoraggio delle “doppie” è costituito da un vecchio albero di ginepro e, per chi è abituato alle soste super attrezzate delle falesie o delle moderne vie di roccia, può dare una strana sensazione. Ci si abitua presto però a fidarsi del ginepro, legno solidissimo e resistente, usato dai pastori per costruire gli antichi ovili, e adottato spesso lungo i sentieri esposti per creare strette ma fidate passerelle. Gli alberelli vivi abbarbicati alla roccia sono evidentemente così solidi che da anni sostengono il peso di escursionisti sempre più numerosi.
Quanto alle difficoltà di progressione, esse sono costituite da brevi tratti di arrampicata in genere facile, con qualche passaggio di 4° grado, e traversate su roccia calcarea o su terreno sdrucciolevole ed esposto.
Considerata la numerosità del nostro gruppo e le capacità alpinistiche piuttosto incerte di alcuni partecipanti, gli accompagnatori e la nostra guida hanno preferito attrezzare con corde fisse i tratti impegnativi, consentendo a tutti di progredire rapidamente e in sicurezza. Una sola ferrata di circa 100 m di lunghezza a nord di Cala Goloritzé, dapprima in traverso esposto e poi in verticale su spigolo, ci ha emozionato più del solito per la bellezza dell’ambiente e l’esposizione totale al vuoto.
Incontro sul diabete. Dopo la tappa più breve, a Cala Biriola, in attesa del gommone abbiamo potuto realizzare un incontro di gruppo sulla gestione del diabete, alla quale hanno partecipato quasi tutti. C’è stato un interessante scambio di opinioni fra chi preferisce le iniezioni multiple di insulina e chi il microinfusore, e si è anche parlato del monitoraggio continuo della glicemia con i mezzi più sofisticati del momento, dotati o meno di sistemi di allarme e di possibilità di agire automaticamente sul microinfusore. La provenienza dei diabetici da varie zone del Paese ha poi deviato il discorso verso la diversa facilità di accesso gratuito agli strumenti di cura e di monitoraggio fra alcune regioni italiane e sono emerse informazioni inattese.
Condizioni meteo. Con il meteo siamo stati fortunati (ma non fortunatissimi). Infatti il clima ai primi di ottobre in quella zona è ideale, abbastanza fresco per camminare ma abbastanza caldo nel primo pomeriggio per godere di meravigliosi bagni di mare. Nella nostra settimana non ha mai piovuto e questo ci ha reso tutto più piacevole (compreso il montaggio e lo smontaggio delle tende!). Tuttavia, la perfetta riuscita del programma dipende anche dal mare, che non deve essere mosso per consentire al gommone di attraccare sulle spiaggette la sera e la mattina seguente. In due giornate ciò non si è realizzato e gli organizzatori sono stati costretti dal “troppo mare” a farci rinunciare alla spiaggia e a optare per il pernottamento in un paio di camping, raggiungibili con il loro fuoristrada via terra. La capacità e l’inventiva degli organizzatori ci hanno permesso comunque di rispettare interamente il programma originale.
Conclusione. Dopo l’ultimo arrivo a Cala Mariolu siamo stati portati con due gommoni a Santa Maria Navarrese, dove la nostra avventura si è conclusa al ristorante con un grande ringraziamento agli accompagnatori Nicola, Sandro e Stefano, e agli organizzatori di Explorando Supramonte: Claudio e Mario, nonché alle due Manuela.
Quindi pernottamento in B&B (finalmente!) e l’indomani ritorno in ordine sparso sul continente. Con tanti ricordi in più e un pezzettino di cuore in meno, lasciato nei boschi dell’Ogliastra.
Il gruppo DAM in versione Mare (con Nicola).
11-14/7 2019. Il progetto di quest'anno includeva, almeno per i più "agguerriti", la salita sulla Punta Dufour (m 4634), la più alta del M. Rosa e seconda vetta dell'arco alpino. In realtà, una volta sul posto, ci siamo resi conto che il tempo a nostra disposizione era troppo breve per garantire un ritorno a valle in sicurezza e, nonostante le condizioni meteo fossero buone, abbiamo rinunciato all'impresa e ci siamo limitati a una sgroppata sui numerosi "4000" dell'affascinante massiccio.
A questo incontro hanno aderito in 21, dei quali 8 con Diabete T1, una con sclerosi multipla (Antonella Perna), una post-Ca mammario, 2 medici diabetologi (AM e Gianfranco Poccia), una guida alpina (Piero Bosetti) e 6 esperti alpinisti o istruttori CAI (Giuseppe Astori, Giampaolo Casarotto, Marco Peruffo [con DT1], Paolo Seraglio, Stefano Gelain e Pietro Vincenzi [con DT1]) cha hanno avuto il ruolo di capi-cordata, e infine quattro accompagnatrici: Michela Fabris, Chiara Giorgi, Costanza Micarelli e Catia Montebello. Al gruppo si sono affiancati anche due padri: Sandro Giorgi e Marco Vincenzi, nonché Alberto Frascari, amico di Pietro, che si sono mossi in autonomia.
11 luglio. L’appuntamento è alle 10 a Staffal, frazione di Gressoney-la-Trinité, per salire tutti insieme alla Capanna Gnifetti (3647 m), dove passeremo due notti nel tentativo di acclimatarci almeno un po’. Per l’incontro mattutino, i “sudisti” hanno preferito pernottare in loco, quindi otto di noi si sono trovati il giorno prima a Gressoney-St-Jean, dove abbiamo goduto della squisita ospitalità dell’Hotel Lyshaus, che secondo noi meriterebbe più delle tre stelle di cui si fregia. Il grosso dei “nordisti” arriva puntuale e si ferma da noi per un caffè e per la distribuzione di alcuni materiali (in particolare le corde) da portare in quota. Quattro dei “nordisti”, invece, non essendosi liberati dagli ultimi impegni, saliranno nel pomeriggio e ci raggiungeranno alla Gnifetti in serata. Arrivati all'ovovia, un gruppo di “forti” (comprendente 6 degli 8 con DT1) desiderosi di attenuare la velocità ascensionale, oltre che di cimentarsi, decide di andare a piedi per una parte della salita, tenendosi ben stretti – va da sé – i pesanti zaini. Così al Gabiet (2310 m), dopo una foto di gruppo, salutiamo Alberto, Edoardo, Federico, Luca, Luigi, Marco, Michela e Paolo, che rivedremo al rifugio nel pomeriggio. (Foto "Arrivo alla Gnifetti": A. Fiorentini)
12 luglio. Il programma ideato da Marco – la solita mente creativa del gruppo – prevede la Punta Giordani (4026 m) e la Piramide Vincent (4215 m) per due itinerari. Un gruppo di più esperti/allenati affronta la cresta SE della Punta Giordani, detta Cresta del Soldato suddivisi in cinque cordate: 1–Paolo Seraglio +Rosa e Michela; 2–Giampaolo Casarotto +Gianfranco; 3–Giuseppe Astori +Costanza; 4–Alberto Frascari (in sostituzione di Pietro Vincenzi) +Luca; 5–Stefano Gelain +Martina. Tutti i partecipanti raggiungono la cima intorno alle 12:30, in parte superando, in parte aggirando la maggiore difficoltà tecnica costituita da una placca con passaggi di 4° grado. Non si registrano problemi di alcun genere, salvo la congiuntivite attinica di una partecipante, che continuerà ad affliggerla nei giorni successivi. (Foto "Cresta del soldato": G. Astori).
L’altro gruppo, meno desideroso di arrampicare, sale alla Punta Giordani per la via normale e poi raggiunge la Piramide Vincent per un canalino nevoso lungo la parete S, suddiviso in due cordate: 1–Marco Peruffo +AM, Catia, Federico e Luigi; 2–Piero Bosetti +Antonella, Edoardo e Alberto. Catia, che frequenta la montagna con Luigi da poco più di due anni, potrà celebrare il raggiungimento dei suoi primi "4000".
Un partecipante con diabete ha difficoltà nella gestione delle glicemie durante tutta la giornata: partito molto alto, finisce in ipoglicemia durante la discesa con un lieve stato di confusione mentale, che lo rallenta nell’ideazione e nei movimenti, ma riesce ad autogestirsi e arriva in buona forma al rifugio. Non è necessario somministrare il glucagone (che due diabetici su tre del gruppo hanno con sé). Un altro partecipante con diabete rompe con un rampone il misuratore continuo della glicemia che gli è caduto e, non avendone uno di scorta, sarà costretto d’ora in poi a basarsi sulle singole glicemie capillari. (Foto "Piramide Vincent, canalino Sud": A. Fiorentini).
Pietro rimane con Chiara, cha ha accusato dalla sera prima leggeri disturbi, forse prodromi di un lieve mal di montagna, e con calma raggiungono, insieme ai rispettivi padri, la Piramide Vincent per la via normale.
Nel pomeriggio approfittiamo della tranquillità della sala da pranzo vuota per realizzare un incontro educativo di un’ora durante il quale analizziamo le criticità nella gestione del diabete emerse durante la giornata e rileggo alcuni brani pertinenti dalla mia recente rassegna: In alta quota con il Diabete Tipo-1 pubblicata su “il Diabete”.
13 luglio. Oggi è prevista la salita alla Punta Gnifetti (4554 m) e il trasferimento alla Capanna Margherita, situata sulla vetta: il rifugio più alto d’Europa. La forte Rosa, che soffre di cefalea da ieri, decide di restare al rifugio e di ridiscendere a valle appena possibile. Gli altri partecipanti, suddivisi in sette cordate di 3-4 componenti, si avviano lungo la via normale che attraverso il ghiacciaio e il colle del Lys (4248 m) conduce verso la vetta. Il tempo è sereno ma freddo e ventoso, con raffiche da NE intorno ai 50 Km/h. Una sola cordata, guidata da Marco Peruffo, con Alberto e Michela, compie un’importante deviazione: giunti al colle del Lys, piegano verso Est e, lasciati gli zaini al Colle delle Piode (4285), salgono lungo la cresta N del Ludwigshöhe (4342 m); poi scendono per la cresta S al colle Zurbriggen (4272), traversano verso SO e salgono sul Corno Nero (4322 m) dalla parete O, scendendo poi dalla stessa. Quindi tornano per via bassa al Colle delle Piode, riprendono gli zaini e salgono sulla Punta Parrot (4438 m) dalla cresta O, per poi scendere per la cresta N al Colle Sesia (4299 m) e di lì riprendere la via normale per la Capanna Margherita. (Foto "Parete SO del Ludwigshöhe dal Corno Nero": M. Peruffo).
Quasi tutti gli altri arrivano al rifugio entro 4h - 4h30 dalla partenza. Manca all’appello solo la cordata condotta da Piero Bosetti, con Federico e Gianfranco Poccia. Verso le 14, più di 7 ore dopo la partenza, cominciamo a preoccuparci. Finalmente Piero e Gianfranco arrivano e ci spiegano che hanno dovuto fare la salita quasi due volte. Infatti Federico, che già ieri non era stato bene, ha accusato problemi crescenti dopo la partenza, finché arrivati al colle del Lys si sono resi conto che non poteva continuare e lo hanno riaccompagnato nei pressi del rifugio, per poi risalire a raggiungerci. Telefonando fra i due rifugi, veniamo a sapere che Federico sta bene e che lo hanno sistemato in una cuccetta perché la Capanna Gnifetti è strapiena; domani scenderà autonomamente a valle, dove si incontrerà con Rosa. (Foto "Capanna Margherita alla Punta Gnifetti": AM).
La serata si conclude con un episodio drammatico che per fortuna non riguarda il nostro gruppo. Poco prima del tramonto vengo chiamato a visitare un giovane che sta molto male nella sua cuccetta; coinvolgo anche Gianfranco Poccia e insieme conveniamo che ha sintomi molto forti di mal di montagna acuto e, anche se non presenta ancora segni di edema polmonare o cerebrale, necessita immediatamente di cortisone endovena – che gli pratichiamo – ma soprattutto di essere portato a valle in elicottero – cosa che riusciamo a ottenere insistendo un po’ al telefono con il medico del 118. Il fatto che il ragazzo, giovane e robusto sportivo, non conoscesse neppure l’esistenza del mal di montagna, che le guide del gruppo – formatosi in loco – non avessero esitato a farlo salire da quota 3650 a quota 4550 nonostante avesse già un forte mal di testa dopo l’unica notte trascorsa alla Capanna Gnifetti e che sia stato caricato sull’elicottero agganciato da solo a un verricello con il peso dello zaino che lo ha fatto quasi capovolgere (con la fortissima cefalea che aveva!), ci ha fatto riflettere sulla leggerezza da cui anche i professionisti a volte si lasciano contagiare per desiderio di guadagno. (Foto "Tramonto da Capanna Margherita": L. Avataneo).
14-luglio. Giornata conclusiva, per la quale avevamo previsto la Punta Dufour. Tuttavia, nonostante condizioni meteo buone (anche se con probabile cambiamento in serata – come poi accadrà), considerando la velocità media dei partecipanti, gli esperti del gruppo decidono di limitare le nostre ambizioni alla Punta Zumstein (4563 m). (Foto "Punta Zumstein e Punta Gnifetti": AM).
Prima di partire il mal di montagna si fa ancora sentire, anche se in forma meno grave rispetto al giovane portato ieri giù dall’elicottero. Chiara, che aveva già accusato lievi disturbi nei giorni scorsi, lamenta cefalea, nausea e debolezza di intensità moderate: quanto basta per praticarle cortisone endovena e consigliare un immediato ritorno a valle, cosa che farà prontamente accompagnata da Pietro Vincenzi, Stefano Gelain, i due papà e Alberto Frascari, riguadagnando presto il pieno benessere.
Gli altri raggiungono tutti in circa un’ora la Punta Zumstein, passando per il Colle Gnifetti (4454 m), e per il ritorno si separano in due gruppi. Tre cordate (Marco Peruffo con Antonella e Alberto; Piero Bosetti con Edoardo e Gianfranco; Giuseppe Astori con Michela e Catia) scendono per la via normale alla Capanna Gnifetti. (Foto "Sulla Punta Zumstein con il fotografo": AM)
Altre due cordate (Giampaolo Casarotto con AM e Luca; Paolo Seraglio con Martina, Costanza e Luigi) seguono in parte a ritroso la via percorsa ieri in salita da Marco & C. Giunti al Colle Sesia (4299 m), infatti, deviamo a E per risalire la cresta N della Punta Parrot (4438 m). Quindi scendiamo per la cresta O e S fino al Colle delle Piode (4285 m) per poi risalire la cresta N del Ludwigshöhe (4342 m), scendere dalla sua cresta S, traversare a O del Corno Nero (al quale rinunciamo per mancanza di tempo) e infine risalire brevemente sul Balmenhorn (4167 m) ornato da una grande statua religiosa e dotato dell’efficiente e antico bivacco Giordano. Da qui raggiungiamo facilmente la via normale di discesa che costeggia da O la Piramide Vincent. (Foto "Sulla Punta Parrot": AM)
Scesi tutti alla Capanna Gnifetti, dove recuperiamo i materiali che avevamo lasciato in deposito, proseguiamo verso gli impianti di discesa da Punta Indren (questa volta utilizzati da tutti) e, raggiunto Staffal, ci concediamo una meritata bevuta (non necessariamente alcolica) con pagamento di una scommessa relativa all’attendibilità dei vari programmi di previsioni meteo in montagna... I nordisti quindi si avviano alla partenza, mentre i sudisti tornano al beneamato Hotel Lyshaus, dove godranno dei comfort della civiltà e di una buona cena presso il ristorante il Braciere, e da dove domani mattina partiranno chi direttamente verso il sud e chi verso Cortina per non lasciare troppo bruscamente le montagne. (Foto "Breve sosta in discesa alla Capanna Gnifetti": AM)
Il racconto fotografico dell'incontro, nonché alcune considerazioni e ricordi personali sono scaricabili qui di seguito ↓
Il gruppo DAM alla fine del 9° incontro: Monte Rosa-2019.
19-22/7 2018. Il progetto del gruppo DAM prevedeva per la prima volta due giorni di arrampicata, seguiti dalla solita ascensione in quota, quest’anno alla cima dell’Ortles (m 3905) lungo la cresta Ovest per la classica “Via dei Meranesi”. Le incerte condizioni meteo, però, ci hanno permesso di realizzare solo la prima metà del programma.
19 luglio. Ascensione alla Cima Grande di Lavaredo (m 2999) per la via “Normale” sulla parete Sud (Grohmann, Innerkofler, Salcher: 1869).
Si tratta di una via classica di difficoltà tecnica non molto elevata, con passaggi di 3°/4° grado inferiore, ma discretamente impegnativa per la lunghezza, l’esposizione e la complessità del tracciato. L’abbiamo affrontata in nove (di cui 4 con diabete T1) suddivisi in quattro cordate: Marco Peruffo, di Vicenza, ideatore del progetto, guidava la cordata di tre, con Paola Maldonato e suo padre AM; Giuseppe Astori, di Vicenza, guidava la cordata con Luigi Montanaro; Pietro Vincenzi, anch’egli di Vicenza, legava a sé un’altra persona con diabete; Piero Bosetti, guida di Cortina, conduceva in cordata Costanza Micarelli. (Una curiosità: casualmente due cordate erano guidate da persone con diabete e due no; una cordata era costituita da soli diabetici e una solo da non-diabetici, mentre due erano miste; secondo uno schema che è risultato sfruttare tutte le combinazioni possibili: D-N-N, N-D, D-D, N-N).
Per evitare la ressa, siamo partiti dal rifugio Auronzo alle 5:30 e alle 10:00 eravamo in vetta. Un tempo non da record ma di tutta soddisfazione per un gruppo numeroso, di cui facevano parte anche alcuni neofiti dell’arrampicata in montagna. La discesa, effettuata con numerose calate su corda singola e discese in corda doppia, è avvenuta in parte per una via alternativa, più a ovest della normale, che però, probabilmente, non ci ha fatto risparmiare granché. Alle 14:30, nove ore dopo la partenza, eravamo di ritorno al rifugio, soddisfatti per questa nuova realizzazione del gruppo DAM.
I membri del gruppo che non si sentivano pronti per l’arrampicata sono saliti sul Monte Paterno (m 2746), adiacente alle Tre Cime e famoso per molti eventi storici legati alla prima guerra mondiale. Il forte alpinista vicentino Giampaolo Casarotto ha gentilmente accettato la richiesta di MP di accompagnarli in vetta sulla via ferrata “normale”, e così Catia Montebello, Martina Maddalena e Nicola De Marco hanno potuto apprezzare la salita su questa storica cima, favoriti anch’essi da un tempo splendido.
20 luglio. Ascensione alla Cima Brentoni Ovest (m 2584). Il programma previsto da MP era salire per lo spigolo sud, con un’arrampicata di difficoltà simile a quella del giorno prima, e scendere poi per la via normale, che presenta alcuni passaggi di 1° e 2° grado su roccette. La forte minaccia di temporali ci ha indotto però a scegliere la via normale anche per la salita.
I partecipanti sono stati 11, di cui 6 con diabete T1. Poco prima della vetta, il precipitare delle condizioni atmosferiche ci ha indotto a tornare indietro. Solo due partecipanti veloci: Pietro Vincenzi e Luigi Montanaro (entrambi con diabete) sono stati autorizzati a proseguire, e dopo circa mezz’ora ci hanno raggiunto lungo le roccette della discesa. Nonostante i nuvoloni neri e i tanti tuoni tutto intorno, il tempo ci ha assistito e solo poche gocce ci hanno raggiunto prima del rientro al rifugio.
Prima di ripartire, dopo un rapido pasto al rifugio Tenente Fabbro, abbiamo scambiato le impressioni sull’autogestione del diabete. Luigi ha decantato i vantaggi della nuova insulina rapidissima FIASP, che – afferma – è particolarmente utile con il microinfusore. Tutti hanno mostrato interesse, ma hanno convenuto che sarà bene collaudarla nella vita normale, prima di usarla in montagna. Quasi tutti hanno sostenuto la grande utilità del monitoraggio continuo della glicemia, particolarmente con strumenti che diano risultati affidabili e previsioni sull’andamento. Quanto ai risultati di ciascuno, ci sono stati un paio di episodi di iperglicemia, peraltro corretti abbastanza rapidamente, e una sola lieve ipoglicemia, molto ben percepita a 75 mg/dl e prontamente corretta.
1-4/3 2018. Escursioni invernali con sci o ciaspe sul M. Etna (3300 m).
Hanno partecipato 10 alpinisti con diabete T1 (fra i quali Marco Peruffo e Cecilia Marchi), una con SM (Antonella Perna), e 11 accompagnatori, dei quali 3 diabetologi (Valeria De Donno, Giampaolo Magro e AM).
Dopo i primi due giorni afflitti dal maltempo, con vento fortissimo, accompagnato il sabato anche da neve mista a pioggia, finalmente domenica 4 abbiamo potuto affrontare con tempo decente la salita al cratere centrale dal versante sud, partendo dalla stazione di arrivo dell'ovovia del rifugio Sapienza.
Dopo circa 900 m di salita, tutti i partecipanti hanno raggiunto il bordo del cratere in un vento gelido contaminato da irrespirabili vapori sulfurei che fuoriuscivano dalle spaccature del terreno lavico. Dei 22 partecipanti, 14 (dei quali 6 con diabete) hanno utilizzato sci e pelli di foca per salire e sono scesi fino al rifugio Sapienza in sci; 8 (dei quali 4 con diabete e una con SM) sono saliti e scesi con i ramponi ai piedi, visto che la neve era abbastanza dura da non richiedere l'uso delle ciaspe.
Il resoconto delle salite invernali sull'Etna, una descrizione (per non-addetti-ai-lavori) di cosa vuol dire oggi vivere con il Diabete Tipo-1, e i vivi ricordi di alcuni partecipanti, sono pubblicati su Planet Mountain, insieme a una rassegna fotografica di Maurizio Oviglia.
21-29/7 2017. Salita al M. Elbrus (m. 5642) vetta Ovest, dal versante sud.
Quest'anno abbiamo puntato in alto: il tetto d'Europa, nella catena del Caucaso. E' una salita lunga ma non impegnativa, che attira numerosi alpinisti da tutto il mondo, anche perché fa parte dei cosiddetti "Seven Summits", cioè delle cime più alte di ciascuno dei continenti.
Hanno aderito 11 alpinisti con diabete T1, uno con SM (Antonelle Perna, che al ritorno ha raccontato per la prima volta la sua decennale convivenza con l'interferone e la montagna), e 6 accompagnatori fra i quali un diabetologo (AM), la guida Piero Bosetti e un'odontoiatra (Costanza Micarelli). In tutto 18 partecipanti, dei quali 16 hanno raggiunto la cima.
21 luglio. Dopo una lunga organizzazione durata mesi, dopo qualche adesione e qualche rinuncia dell'ultim'ora, finalmente ci troviamo all'aeroporto di Bergamo, da dove partirà il volo low-cost della Pegasus che, previo lungo scalo a Istanbul, ci porterà a Mineralnye Vody. Il timore di un errore nello smistamento dei bagagli, che potrebbe compromettere la nostra ascensione, ci ha indotto a tenere l'essenziale addosso, compresi gli scarponi da alta quota: il che ci fa apparire alquanto strani in questo torrido mese di luglio.
Partiti alle 14, atterriamo all'una di notte in territorio russo e siamo caricati su due pulmini che in tre ore ci portano a Terskol (2100 m), località posta alla base del complesso vulcanico dell'Elbrus, dove alle 5 del mattino arriviamo esausti nel simpatico Hotel Alamat, base logistica della nostra compagnia: la Mountain Guide. Qualche ora di sonno, e alle 11 ricca colazione per poi avviarci nel pomeriggio a una prima escursione di circa 600 m di dislivello, di fronte alla cresta rocciosa circondata da ghiacciai che separa la nostra regione russa Kabardino-Balkaria dalla Georgia.
Ci ha accolto all'aeroporto e resterà con noi fino alla partenza una guida russa famosissima: Nickolay Cherniy, di 79 anni, con un curriculum impressionante, che comprende due volte l'Everest, numerosi altri "8000" e moltissimi "7000": con noi salirà sull'Elbrus per la 77esima volta!
Il giorno seguente è prevista un'altra escursione di acclimatamento, alle cascate Maid's Braid e a un osservatorio a quota 3200. La giornata è piovosa e la partenza avviene tra numerosi mugugni. Ma poi gli animi (e il tempo) si rasserenano. Verso la metà, il sentiero è sovrastato da particolari formazioni laviche molto interessanti che Gianni, il geologo del gruppo, ci illustra con sapienza e passione. La cascata detta "Velo da sposa" ci incanta con la sua leggiadria. Infine, in discesa, un curioso incontro: un pastore che accompagna un grande gregge di pecore parla bene l'Italiano e ci spiega che è sposato con un'Italiana e vive normalmente a Milano; d'estate torna lì, dove è nato, per far pascolare il gregge.
Finalmente il giorno 24 si sale al rifugio Garabashi (3780 m) servito da vecchieggianti impianti di risalita: una funivia in due tronchi e poi una seggiovia. In realtà, più che di un rifugio, si tratta di un insieme di container metallici attrezzati alla meno peggio con letti a castello, e di un locale comune adibito a mensa. La cosa che ci colpisce è che tutto il cibo e l'acqua previsti per la nostra permanenza (3 o 4 giorni) la portiamo su noi, dapprima sui van che ci accompagnano alla base della funivia (2350 m) e poi sugli impianti di risalita. Sale con noi anche la graziosa cuoca, che ci preparerà e servirà i tre pasti al giorno. Quattro "forti" del gruppo, dopo avere aiutato a trasportare i materiali, salgono a piedi, mentre altri due disdegnano solo la seggiovia, salendo a piedi gli ultimi 280 m.
Nel pomeriggio è prevista un'ascensione sul ghiacciaio fino a quota 4500 m, mentre per l'indomani, vigilia della salita alla vetta: riposo. Così dopo pranzo saliamo in fila indiana con passo lento e regolare, sulla neve ormai molle, finchè a quota 4200 circa un forte tuono ci induce a desistere.
25 luglio. Il giorno di riposo viene utilizato in vario modo dai partecipanti. Antonella e Costanza, che hanno vecchi scarponi di cuoio che ieri si sono inzuppati, ne approfittano per tornare rapidamente all'Hotel Alamat, dotato di un fornito magazzino per l'affitto di tutti i materiali d'alta quota, dove troveranno dei begli scarponi in plastica della Scarpa, che nonostante i giustificati timori, alla fine risulteranno perfetti. Io le accompagno, deciso a sfruttare il giorno di riposo, e ne approfitto per ripulirmi un po' e recuperare le mie Crocs. La maggior parte degli altri risale lungo il ghiacciaio fino a quota 4500, e soltanto una piccola minoranza si riposa davvero, considerato che anche Antonella e Costanza, per provare gli scarponi, salgono a piedi sotto l'ultima seggiovia.
Intanto all'ora di pranzo cinque di noi decidono che, per la salita in vetta, usufruiranno del gatto delle nevi fino a quota 4600, mentre gli altri saliranno a piedi dal rifugio.
26 luglio, salita alla vetta. Il tempo è stato inclemente per due giorni, ma oggi, come da previsioni, la giornata si annuncia splendida, con un leggero vento da NE. Per chi ha deciso di partire a piedi la sveglia è all'una e la partenza alle 2. Per i cinque che hanno optato per il gatto, invece, la partenza sarà alle 3:30.
Ogni ora /ora e mezza le persone con diabete verificano la glicemia, e chi ha un misuratore continuo ne verifica l'attendibilità. Verso le 4 assistiamo affascinati all'aurora e poi alle prime luci dell'alba.
La salita procede regolarmente senza intoppi con il gruppo diviso in tre tronconi, ciascuno accompagnato da una guida. Con l'aumentare della quota, però, il mal di montagna comincia a farsi sentire, limitato per qualcuno a un po' di cefalea, ma per due partecipanti i sintomi sono più marcati e consigliano una pronta discesa: uno rinuncia così intorno a quota 4800; un'altra a quota 5300, a meno di 2 ore dalla vetta.
Il bel tempo ci assiste anche durante i 1900 m di dislivello in discesa, durante i quali un paio di partecipanti cedono alla tentazione di un "passaggio" su motoslitta, a partire dalla solita quota di 4600 m.
Ritorno: tempo di festa e di bilanci. Tornati alla base ci aspetta una cena in allegria, durante la quale Nickolay consegna i diplomi di vetta. Prima però, nel pomeriggio, ci riuniamo per riflettere insieme sulla nostra esperienza. Dal punto di vista alpinistico, è risultata evidente l'importanza dell'acclimatazione in alta quota: hanno avuto i problemi maggiori quelli che non hanno potuto salire almeno una volta intorno ai 4000 m nel periodo precedente la spedizione. Peraltro la salita è stata priva di difficoltà tecniche e il bel tempo ci ha assistito ancora una volta. Dal punto di vista diabetologico, si è confermata l'importanza del buon controllo e della verifica attenta delle glicemie: un episodio di ipoglicemia abbastanza grave, con lieve stato di confusione, è stato brillantemente superato e l'interessato ha potuto raggiungere la vetta, riconoscendo a posteriori gli errori compiuti. I partecipanti sono stati invitati a scrivere: "Una cosa che ho imparato/confermato sulla cura del (mio) diabete". Qui di seguito sono riportate le loro scritture, e a seguire il racconto fotografico dell'incontro. ⇓
15-17/7 2016, Gruppo Ortles-Cevedale: Traversata delle cime meridionali. L'entusiasmo di Marco Peruffo lo ha indotto quest'anno a proporre due incontri. (Il primo, avvenuto in Abruzzo con base ad Avezzano intorno al primo maggio, non è stato assistito dal bel tempo e si è risolto in tre simpatiche passeggiate: nel Parco Nazionale, alle grotte di Stiffe presso l'Aquila, e sul Gran Sasso.)
La proposta di luglio, più impegnativa, prevedeva la traversata delle 13 cime a sud del M. Cevedale, una via di alta quota classificata AD-.
Hanno aderito 9 alpinisti con diabete T1 e 7 accompagnatori, fra i quali 1 medico (AM), la guida Piero Bosetti e i due noti alpinisti Maurizio Oviglia e Giuseppe Astori. Fra i "nuovi acquisti" con diabete tipo-1, Cecilia Marchi, medico ginecologo a Cagliari, forte arrampicatrice moglie di Maurizio Oviglia, ha raccontato questa sua esperienza su PlanetMountain.
La partenza è avvenuta dal parcheggio del rifugio dei Forni (m 2178) al quale due coraggiosi puri sono voluti salire a piedi percorrendo con i loro pesanti zaini i circa 5 Km di strada da S. Caterina Valfurva. Invece tre prudenti meno puri (fra cui il sottoscritto) hanno profittato del trasporto in auto fino al rifugio Pizzini (m 2700), dal quale anche loro hanno proseguito a piedi. In ogni modo tutti i 16 partecipanti si sono ritrovati al rifugio Casati (m 3254), dove hanno pernottato in due camerette assai spartane.
Il giorno seguente, suddivisi in quattro cordate di 3 e una cordata di 4, in un continuo sali-scendi per lo più su terreno misto, abbiamo raggiunto e traversato le cime del M. Cevedale (m 3769), della Cima Cevedale (m 3757) (solo due cordate di 3), M. Rosole (m 3529), Palon de la Mare (m 3685) e M. Vioz (m 3645), per raggiungere dopo 9 ore il rifugio Mantova (m 3535), per fortuna molto più confortevole del precedente. Alcuni partecipanti, forse non ancora allenati a dovere, hanno accusato la stanchezza per una tappa risultata più dura del previsto: due in particolare non se la sono sentita di affrontare una seconda giornata di sali-scendi forse ancora più dura della precedente, e il mattino seguente hanno preferito tornare a valle in autonomia per la via più breve.
Il terzo giorno partenza all'alba e, dopo essere risaliti sul M. Vioz, abbiamo traversato la Cima Linke (m 3631), dalla quale ci siamo calati "alla corda" verso il colle Vioz (m 3330), per poi traversare Punta Taviela (m 3612) e Cima di Pejo (m 3549). Su quest'ultima abbiamo posto fine alla nostra cavalcata e, con una lunga discesa attraverso il ghiacciaio dei Forni, abbiamo raggiunto il rifugio Branca (m 2478) e di lì lungo carrareccia (sei di noi sfruttando il servizio auto!) il parcheggio iniziale a quota 2178.
Il bilancio alpinistico, pur se non abbiamo raggiunto tutte le 13 Cime, è stato di tutto rispetto per un gruppo così numeroso. Dal punto di vista diabetologico, l'attività così intensa e prolungata in alta quota ha costituito una sfida continua anche per i più esperti, che sono stati di guida ed esempio per i "nuovi arrivati". Gli espisodi di ipoglicemia sono stati più o meno uno per ciascun partecipante, sempre bene avvertiti e prontamente trattati. Non c'è mai stato bisogno di usare le fiale di glucagone che avevamo con noi.
23-30/8 2015. Ormai gli incontri DAM sono una tradizione consolidata e da quest'anno abbiamo anche un logo che illustra l'iniziativa, legando diabete e alta montagna con un nodo d'amore.
Diciamo subito che in progetto avevamo il Weisshorn (4505 m) per la sua cresta nord, lunga e impegnativa... forse troppo per molti di noi, che non si sono affatto disperati alla notizia che la montagna quest'anno era assolutamente impraticabile.
Il bilancio alpinistico è dunque consistito nella cresta del Bianco di Moming (3750 m) e nel Trifthorn (3728 m), raggiunte rispettivamente il 24 e 25 agosto dalla Cabane de Mountet (2886 m); il 27 siamo saliti alla Cabane de Tracuit (3256 m) e il 28 la maggior parte del gruppo ha risalito la Crete de Milon con passaggi di 4° e 5° grado, fino alla Tete de Milon (3693 m), con Piero Bosetti e altre 4 guide salite per l'occasione. Altri, con Armand Salamin, sono saliti al Bishorn (4153 m), facile "4000" situato alla base della la cresta N del Weisshorn. Il 29 alcuni sono scesi a Zinal con calma, mentre il gruppo dei veloci, con Marco Peruffo e Piero Bosetti sono saliti al Bishorn e hanno raggiunto il resto del gruppo a Zinal per l'ora di pranzo.
L'attività educativa quest'anno, avendo più tempo a disposizione, è stata formalizzata in una serie di riunioni dedicate sia al confronto sull'autogestione del diabete nelle difficili condizioni dell'alta montagna, sia al racconto di sè utilizzando l'approccio narrativo-autobiografico. Momenti particolarmente significativi sono stati due incontri con Jean-Philippe Assal, il padre europeo dell'Educazione Terapeutica, e con sua moglie Tiziana, i quali ci hanno illustrato due modalità educative che hanno introdotto negli ultimi anni: il teatro del vissuto e gli atelier di pittura.
Hanno partecipato: 7 persone con diabete T1, 1 con SM, 1 accompagnatore e 2 diabetologi: AM e Gianfranco Poccia, oltre a 2 guide sempre presenti: Piero Bosetti e Armand Salamin, e altre 5 guide (Andrea Basso, Carlo Cosi, Christian Hofmann, Ferruccio Svaluto Moreolo, Romain Tavelli) presenti occasionalmente.
La descrizione dettagliata dell'incontro e le impressioni dei partecipanti possono essere scaricati qui di seguito ⇓
4-6/9/2014. Dopo il successo della salita al M. Bianco dello scorso anno, il desiderio di continuare a coniugare educazione all'autogestione del diabete e alta montagna ci porta sul Dom (Valais, CH) che con i suoi 4545 m è la montagna europea più alta situata interamente in una sola nazione. Oltre a Piero Bosetti, coinvolgo una guida svizzera che conosco da tanti anni: Armand Salamin, e l'appuntamento è a Randa, nella valle di Zermatt, per salire al rifugio Domhutte (2940 m). Partecipano 5 persone con DT1, 1 con SM, 1 medico e 2 accompagnatori. Il 6 mattina si parte divisi in tre cordate: due di 3 e 4 persone condotte dalle guide, e una di tre persone condotta da Marco Peruffo. Una persona con diabete, che non ha potuto allenarsi nelle settimane precedenti, rimane al rifugio a fare un'escursione.
Il tempo è bello e nelle prime ore procediamo alla luce delle lampade frontali, arrestandoci ogni ora-ora e mezza per un rapido controllo della glicemia. All'alba siamo alla base della ripida cresta NO, la Festigrat, e dopo aver superato un paio di passaggi impegnativi, dopo quasi 8 ore di salita anche i più lenti raggiungono la vetta, per poi scendere dalla via normale.
Qui si possono vedere la foto della salita al Dom.
2-7/9 2013. Secondo tentativo di salita al M. Bianco: la via prescelta, detta dei Trois Monts Blancs, è la stessa che ho "perlustrato" con Piero Bosetti nel 2011 e anche il periodo è lo stesso perche il clima in genere è più stabile, e i rifugi e le vie sono meno affollati. Il resoconto fotografico di quell'ascensione può essere visto qui.
Questa volta programmiamo per tutti tre giornate preliminari di allenamento/acclimatazione sul M.Rosa. Quindi il 2 settembre ritrovo per tutti a Gressoney la Trinité per salire ai 3585 m del Rifugio Quintino Sella al Felik. I partecipanti sono 6 persone con DT1 (fra cui 1 medico), 1 con SM, 4 medici: AM, Gianfranco Poccia, Claudio Molaioni (con DT1) e Gianfranco Rosati, oltre alle due guide Piero Bosetti e Paolo Pieroni... In totale 12 persone, a cui se ne aggiungeranno 2 (1 con DT1 e un accompagnatore non diabetico) per la salita al M. Bianco.
Il 3 settembre partenza all'alba per il M. Castore (4200 m). (Io non partecipo per una microfrattura a un piede causata da una caduta in arrampicata due settimane prima, che mi impedirà anche la salita al Bianco). Il 4 settembre traversata del Naso del Lyskamm (4100 m) e discesa a Morgex nell'accogliente Hotel Valdigne. La partecipante con SM ha avuto un malessere legato a un disturbo intestinale e decide di ritirarsi, insieme con GR, uno dei medici che la accompagnava. Il totale dei partecipanti rimane 11: 7 con diabete T1 e 4 accompagnatori.
5 settembre: poiché la funivia da Chamonix è temporaneamente chiusa, saliamo in funivia al Rifugio Torino (3329 m) e da lì traversiamo la Vallée Blanche fino al Refuge des Cosmiques (3613 m). La sera ci raggiungono altre 3 guide, poiché sul M. Bianco una guida può accompagnare al massimo due clienti; conosciamo così Alessandro Bosio(*), Philippe Favre e Nicolas Meli.
* Alessandro perirà in una tragica caduta nel giugno 2017.
Il 6 settembre alle ore 2:00 il gruppo parte per la vetta, suddiviso in 4 cordate di tre e 1 cordata di due. Il tempo è splendido e raggiungeranno i 4810 m della vetta alle prime luci dell'alba. Solo una cordata si ferma al colle della Brenva (4303 m) per il malesssere di una persona con diabete, assistita e consigliata a desistere dal dr Poccia. Al ritorno al rifugio, dopo il giusto riposo, chiedo ai partecipanti di scrivere le loro impressioni, che riporto qui in allegato. Il medico con diabete, Claudio Molaioni è così colpito da questa avventura che una volta tornato a casa deciderà di farne un libro: Il Racconto Bianco.
La mattina del 7 settembre si sale all'Aiguille du Midi per la sua affilata cresta nord, e l'incontro si conclude con la discesa in funivia a Chamonix.
Qui di seguito il racconto fotografico dell'incontro ⇓
10-14/9 2012. A distanza di sette anni dall'ascensione in Pamir, abbiamo voluto rinnovare il messaggio che persone con diabete amanti della montagna, di forza e abilità normali, possono stare molto bene, e anche raggiungere vette alpinistiche e di buon controllo che ad altri possono sembrare impossibili. Questa volta ci siamo proposti di farlo con la salita alla vetta del Monte Bianco per una delle sue vie "normali". Hanno aderito al progetto 9 persone con DT1 (di cui 1 medico), 1 con SM, 3 diabetologi (di cui 1 con DT1), con 2 guide alpine. Una parte degli aderenti si sono trovati qualche giorno prima sul Gran Paradiso (m 4061) per allenarsi e acclimatarsi: 4 con DT1, 1 con SM, i 3 diabetologi: AM, Gianfranco Poccia e Claudio Molaioni (con DT1), e la guida Piero Bosetti: in tutto 8 persone.
Per un disguido, uno degli aspiranti con diabete è andato da solo ad acclimatarsi al rifugio Plan de l'Aiguille (2207 m) sul versante francese del M. Bianco, per incontrarci al momento di salire all'Aiguille du Midi... ma, visto com'è andata, il gruppo farà la sua conoscenza soltanto l'anno prossimo.
Infatti, dopo i tre giorni trascorsi al Rifugio Vittorio Emanuele in Valsavaranche, al momento di trasferirci sul M. Bianco abbiamo dovuto rinunciare a causa delle condizioni meteo impossibili.
Le due ascensioni effettuate: vetta del Gran Paradiso (4061 m) e Tresenta (3609 m), e la condivisione di esperienze nella gestione del diabete hanno comunque gettato le basi per continuare quest'esperienza di educazione in alta quota. In questa occasione due partecipanti hanno superato per la prima volta i 4000 m.
Qui di seguito le foto delle escursioni sul Gran Paradiso ⇓
16/7-14/8 2005, Pamir, Kyrgyzstan. Spedizione internazionale aperta alla partecipazione di alpinisti con diabete tipo 1 provenienti da tutto il mondo. L’obiettivo alpinistico è stato le vetta del Pik Lenin, 7134 m. (Con il termine Snow Leopard si intendono le 5 principali vette di 7000 metri dell'Alai-Pamir).
Partecipanti: 9 alpinisti con diabete provenienti da 3 paesi, 5 alpinisti non diabetici di supporto, 8 medici (6 diabetologi italiani, di cui 4 aspiranti alla vetta, e 2 medici spagnoli "di spedizione"), 1 educatore e 1 cineoperatore alpinista.
La spedizione è stata organizzata da ADIQ (Alpinisti Diabetici in Quota, presidente M. Peruffo) e da ANIAD (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici, presidente dr G. Corigliano), con il supporto del ComET.
Il risultato alpinistico è visibile sulla foto. Otto persone hanno raggiunto i 7134 m della vetta: 3 con diabete, 4 alpinisti di supporto e il cineoperatore. Cinque persone (3 diabetici e 2 medici) hanno superato il campo 3 raggiungendo quote fra i 6450 e i 6800 m. Cinque persone (1 con diabete, 2 medici e 2 alpinisti di supporto) hanno raggiunto i 6148 m del rilievo chiamato Razdelnaya (poco prima del campo 3).
Quasi tutti i partecipanti, di ritorno dai campi alti, hanno raggiunto in giorni diversi il M. Petrovskogo (4830 m), partendo dai 3600 m del campo-base.
Come già avvenuto nel 2002 in Tanzania, sono stati donati farmaci, presidi diagnostici e fondi all’associazione diabetici del Kirghizistan.
Qui di seguito si possono scaricare: 1) alcune foto della spedizione; 2) il racconto di Giannermete Romani; 3) le impressioni a caldo dei partecipanti italiani:
7-17/1 2002. Spedizione organizzata dal gruppo ADiQ (Alpinisti Diabetici in Quota), presieduto da Marco Peruffo. Partecipanti: 11 persone con diabete, 5 medici, 1 coniuge.
La descrizione dettagliata dell'impresa può essere scaricata qui sotto (come pure un breve resoconto di M. Peruffo sulla sua successiva salita al M.Kenia) ⇓
Perché l'alta montagna? Diciamo subito che, come tutte le attività sportive di grande impegno, anche le ascensioni in alta quota non fanno parte del normale pacchetto di cure prescritte alle persone con diabete. Nelle nostre intenzioni esse hanno un triplice valore:
- Innanzitutto, si pongono come un messaggio di speranza per tutti, pazienti e familiari, che vivono ogni giorno la difficoltà di una condizione a torto considerata ancora spesso limitativa.
- Inoltre, gli sportivi di punta sono testimoni dell’importanza del buon controllo del diabete per vivere e funzionare al meglio, e dimostrano con il loro esempio che il buon controllo è realizzabile... anche in circostanze avverse! Questo messaggio, amplificato dalla risonanza dell’impresa sportiva, ha più probabilità di essere ascoltato dai giovani e anche dalle persone con diabete tipo 2.
- Infine, se si considera che gli exploits dei campioni possono attrarre verso lo stesso sport, l’alpinismo di punta ha il valore aggiunto di promuovere attività come l’escursionismo e il trekking in montagna, particolarmente salutari poiché di tipo aerobico e di durata abitualmente prolungata, spesso oltre le quattro-sei ore.
Monviso-2023 — 11° incontro D.A.M.